lunedì 21 giugno 2010

Pesaro, 46/a Mostra del Nuovo Cinema al via: la guerra in Cecenia, l'esordio di Lizzani, l'affresco messicano e la sperimentazione di Bande à Part


Pesaro, 21 giugno – Grande successo di pubblico ieri sera, per la serata di pre-inaugurazione della 46. Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, che a causa del maltempo si è svolta non in Piazza del Popolo, ma al riparo, nel Teatro Sperimentale. Protagonisti della serata sono stati Caterina Carone, che presentava il suo Valentina Postika in attesa di partire e Predrag Delibasic, che ha introdotto Mostar, storia di una città divisa. Nati rispettivamente ad Ascoli Piceno e a Sarajevo, sono entrambi pesaresi di adozione, grazie alle loro storie personali e artistiche. Caterina Carone ha infatti girato, nel corso di un anno, il suo film a Pesaro, dove il nonno Carlo Paladini è stato un personaggio di spicco del Partito Comunista cittadino e poi presidente dell’ANPI locale. In questa veste ha incrociato il percorso di Predrag Delibasic, il cui Capitano Riva è stato co-prodotto dal’ANPI di Pesaro.

Ma l’avvio ufficiale della Mostra è previsto per oggi, Solstizio d’Estate che, a giudicare dalla pioggia e dal vento che soffia su Pesaro sembra piuttosto un Solstizio d’Inverno dall’atmosfera felliniana, il che ha costretto gli organizzatori a rimandare la proiezione del film previsto in Piazza del Popolo. Al via dunque le proiezioni dei primi film di tutte le sezioni più importanti, dalla imponente retrospettiva sul Cinema Russo Contemporaneo, al Concorso Pesaro Nuovo Cinema, il cui primo titolo è Vaho (Becloud) del messicano Alejandro Gerber Bicecci. Passando poi per il ricchissimo 24. evento speciale dedicato a Carlo Lizzani, di cui al Cinema Astra sfileranno oggi ben 6 film, tra cui il capolavoro d’esordio Achtung! Banditi!, fino alla sezione sperimentale e non competitiva Bande à Part che parte con Daniel Schmid – Le chat qui pense e I Came from Busan.

Il Cinema Russo Contemporaneo, con la guerra in Cecenia e la “nonnetta post-sovietica”

Partenza in grande stile per la più ampia retrospettiva mai realizzata in Italia sul cinema russo post-sovietico, che in questo primo giorno mostra la follia della guerra cecena e lo “sguardo femminile” di Lidiya Bobrova sulla senilità in rosa e la contraddittoria società post-sovietica, mentre gli sterminati paesaggi dell’anima ritratti da Aleksey Popogrebsky in I How I Ended this Summer saranno esplorati uno dei prossimi giorni, visto che la proiezione del film in Piazza è stata rimandata a causa del maltempo. Primo titolo in programma al Teatro Sperimentale è Captive (Plenyy) di Aleksey Uchitel, basato su “The Prisoner” di Vladimir Makanin. Il film mette in scena la follia della Guerra in modo intimo e sorprendente grazie alla storia di un gruppo di soldati russi intrappolati nelle lande cecene, soffocati dall’afa e sperduti in un ambiente estraneo e ostile. Più tardi Lidiya Bobrova punta l’attenzione su una signora di 80 anni, la “Babusya” (nonna) del titolo, che ha lavorato instancabilmente tutta la vita per crescere i figli e i nipoti e garantire loro tutto ciò di cui avevano bisogno. Quando decide di vendere la casa, lasciare tutto il suo denaro ai nipoti e stabilirsi dalla figlia, quest’ultima muore inaspettatamente. E così la nonnina, in cerca di sostegno, intraprende un percorso che le fa incrociare la strada di uomini d’affari, rifugiati, giornalisti, nuovi ricchi, contadini ed emarginati: un vitale ritratto della società russa di oggi.

Il Concorso, con un affresco messicano tra religione, siccità e misteri

E’ Vaho (Becloud) del messicano Alejandro Gerber Bicecci il primo titolo che dovrà essere giudicato dal pubblico e dalla giuria della Mostra, composta da Enrico Magrelli, Marco Risi e Ksenia Rappoport. Storia di tre ragazzi che sono stati testimoni, da piccoli, di un evento che continua a perseguitarli ancora oggi, Vaho ci porta in un angolo dimenticato di Città del Messico dove, tra processioni religiose, problemi sociali e mancanza di acqua, Andrés, José e Felipe – ormai diciottenni – sono ancora lacerati dal ricordo e dal senso di colpa (furono solo testimoni o anche responsabili?) della tragedia a cui assistettero. “Le loro storie si integrano con un ritratto sociale: la rappresentazione della Passione di Cristo di Iztapalapa, il problema della mancanza di acqua e la minaccia di violenza sociale”, come ha sottolineato il regista Alejandro Gerber Bicecci.

I primi film dell’Evento Speciale su Carlo Lizzani, dalla sua opera d’esordio Acthung! Banditi! a Nino Manfredi carabiniere

La ricchissima retrospettiva dedicata a Carlo Lizzani inizia alle 15 con Il carabiniere a cavallo per poi proseguire fino al 27 giugno al ritmo di circa 4 titoli al giorno proiettati al Cinema Astra. In questa prima giornata, dopo le avventure di Nino Manfredi nei panni di un carabiniere che attende “15 anni di attività nell’Arma” (come da regolamento) per sposare la sua ragazza, arriveranno gli episodi firmati da Lizzani dei film collettivi “L’amore in città”, “Amori pericolosi” e “Amore e rabbia”, mentre a seguire il pubblico del festival potrà riscoprire il clamoroso film d’esordio del cineasta: Achtung! Banditi! del 1951, per poi concludere la giornata con Mussolini ultimo atto.

La poesia di Daniel Schmid e il dramma coreano di un’adozione forzata in Bande à Part

Primissima proiezione della sezione che omaggia – nel titolo – Jean-Luc Godard, Daniel Schmid – Le chat qui pense è un ritratto caleidoscopico della vita movimentata e del singolare lavoro di un artista straordinario, un’esplorazione cinematografica del suo mondo poetico tra realtà e finzione. Daniel Schmid, eccezionale regista svizzero, è cresciuto negli anni Quaranta in un hotel in stile Belle Epoque a Flims, nel Canton Grigioni. Dotato di grande immaginazione fin da bambino, e ispirato dalle storie fantastiche raccontate dalla nonna, fece della hall dell’hotel il suo palcoscenico e degli ospiti i suoi protagonisti, divenendo un grande narratore. A raccontarlo sono i due registi Pascal Hofmann e Benny Jaberg. A seguire si arriva in Corea con I Came from Busan di Jeon Soo-il, storia di una ragazza incinta che, dopo un parto difficile, firma un documento con cui acconsente a dare la sua bambina in adozione. Uscita dall’ospedale cerca di ricominciare la sua vita di sempre come se nulla fosse accaduto, ma ben presto si accorge che è impossibile. Sogna di essere separata da sua madre, e le cicatrici sul suo corpo le ricordano la figlia. Finché non torna all’agenzia che si è occupata dell’adozione chiedendo indietro la bambina.

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